mercoledì 26 giugno 2013

Conosci te stesso (γνώθι σαυτόν) e Nulla di troppo (μηδὲν ἄγαν). "Uomo, conosci te stesso, e conoscerai l'universo e gli Dei”.

Apollo strizzò gli occhi alla luce del sole e con calma, con i muscoli tesi, flesse il suo arco. 
Scagliò le frecce una dopo l'altra fino a quando fu versato il sangue di Pitone e la vita di questi svanì nell’aria. Il drago Pitone, il fedele custode del terreno sacro a Gea, aveva sorvegliato la collina per centinaia di anni fino all’incontro con Apollo. Il dio nonostante la sua natura serena, o forse proprio grazie a questa, trionfò nell’epico scontro e, con la sua vittoria, conseguì il diritto di eleggere come suo santuario i dolci pendii di Delfi


Conosci te stesso (γνώθι σαυτόν) e Nulla di troppo (μηδν γαν).
"Uomo, conosci te stesso, e conoscerai l'universo e gli Dei”.

Non desiderare mai nulla di troppo
Pittaco

Ti avverto, chiunque tu sia.
Oh tu che desideri sondare gli Arcani della Natura,
se non riuscirai a trovare dentro te stesso
ciò che cerchi
non potrai trovarlo nemmeno fuori.
Se ignori le meraviglie della tua casa,
come pretendi di trovare altre meraviglie?
In te si trova occulto
il Tesoro degli Dei.
Oh! Uomo conosci te stesso e
Conoscerai l’Universo e gli Dei.
Oracolo di Delfi


Dì un po’: com’è che tu misuri il cosmo e i limiti della terra,
tu che porti un piccolo corpo formato da poca terra?
Misura prima te stesso e conosci te stesso,
e poi calcolerai l’infinita estensione della terra.
Se non riesci a calcolare il poco fango del tuo corpo,
come puoi conoscere la misura dell’incommensurabile?
Antologia Palatina, XI 349


“Perciò è detto che se conosci gli altri e te stesso, non sarai in pericolo anche in centinaia di battaglie; se non conosci gli altri ma conosci te stesso, ne vincerai una e perderai l’altra; se non conosci gli altri né te stesso, ogni battaglia ti sarà letale”.
Sun Tzu, L'arte della guerra 


Se abbiamo abbattuto le loro statue, se li abbiamo scacciati dai loro templi, non per questo gli Dei sono morti.
Constantinos Kavafis







Sull'Oracolo di Delfi e tutto ciò che vi ruota intorno si può leggere, con tutta la sua originalità, l'articolo "Conosci te stesso" di Rene' Guenon pubblicato in Il demiurgo e altri saggi per la casa editrice Adelphi.




Apollo del Belvedere. 
Copia romana di un originale in bronzo del IV sec. a.C. 
(Musei Vaticani)






Alberto Magno. L’Alchimista migliore è colui che imita le operazioni della natura


L’Alchimista migliore è colui che imita le operazioni della natura

Alberto Magno

Il problema organizzativo nasce dalla divisione del lavoro e dalla specializzazione che pongono un'esigenza di coordinamento tra individui e tra aggregati di individui. Tra le discipline, una certa supremazia è stata conquistata dalla SOCIOLOGIA, che è generalmente accreditata di una teoria dell'organizzazione


Il problema organizzativo nasce dalla divisione del lavoro e dalla specializzazione che pongono un'esigenza di coordinamento tra individui e tra aggregati di individui. Tra le discipline, una certa supremazia è stata conquistata dalla SOCIOLOGIA, che è generalmente accreditata di una teoria dell'organizzazione.

Costa, Nacamulli, Swedberg

dipinto di Francois Millet

lunedì 24 giugno 2013

domenica 23 giugno 2013

Lorenzo Ostuni. Quando incontrerai la tua ombra dalle la precedenza sulla strada della luce. Quando incontrerai la tua anima dalle la precedenza sulla strada dell'amore.


Quando incontrerai la tua ombra
dalle la precedenza sulla strada della luce.
Quando incontrerai la tua anima
dalle la precedenza sulla strada dell'amore.

Lorenzo Ostuni

Intelligenza. Che cosa vuol dire essere intelligente? -“Viene da “intus” più “legere”: “LEGGERE DENTRO”. La persona intelligente è quella che sa guardare dentro le cose, dentro le persone, dentro i fatti. Non è questione di fare tante esperienze, ma di sapere cogliere il succo di quelle che si fanno.”


Che cosa vuol dire essere intelligente?”
-“Viene da “intus” più “legere”: “LEGGERE DENTRO”. La persona intelligente è quella che sa guardare dentro le cose, dentro le persone, dentro i fatti. Non è questione di fare tante esperienze, ma di sapere cogliere il succo di quelle che si fanno.”
Alessandro D’Avenia



Stefania Epoi Bbasta :
dopo che si ha l'accortezza nel leggerle devi essere così delicata da capire fino a dove puoi sporgerti, per esempio vanno alimentate le capacità e non i limiti non si può chiedere ciò che una persona non riesce ad esternare, non guardarla mentre osserva qualcosa che lo/la può imbarazzare questa pure è intelligenza



John Swinton. IL LAVORO DEL GIORNALISTA CONSISTE NEL DISTRUGGERE LA VERITÀ, mentire su tutto, pervertire, diffamare, prostrarsi ai piedi della ricchezza e vendere il proprio paese in cambio del pane quotidiano. Lo sapete voi e lo so io, quindi cos'è questa follia di brindare a una stampa indipendente? NOI SIAMO GLI STRUMENTI E I SERVITORI DEI RICCHI CHE STANNO DIETRO LE QUINTE. SIAMO I BURATTINI, LORO TIRANO I FILI E NOI BALLIAMO. I NOSTRI TALENTI, LE NOSTRE OPPORTUNITÀ E LE NOSTRE VITE SONO PROPRIETÀ DI ALTRE PERSONE. SIAMO DELLE PROSTITUTE INTELLETTUALI.

IL LAVORO DEL GIORNALISTA CONSISTE NEL DISTRUGGERE LA VERITÀ, mentire su tutto, pervertire, diffamare, prostrarsi ai piedi della ricchezza e vendere il proprio paese in cambio del pane quotidiano.
Lo sapete voi e lo so io, quindi cos'è questa follia di brindare a una stampa indipendente?
NOI SIAMO GLI STRUMENTI E I SERVITORI DEI RICCHI CHE STANNO DIETRO LE QUINTE. SIAMO I BURATTINI, LORO TIRANO I FILI E NOI BALLIAMO. I NOSTRI TALENTI, LE NOSTRE OPPORTUNITÀ E LE NOSTRE VITE SONO PROPRIETÀ DI ALTRE PERSONE.
SIAMO DELLE PROSTITUTE INTELLETTUALI.
John Swinton

Vecchio caporedattore del New York Times


IL MOVIMENTO 5 STELLE È "L'AGNELLO SACRIFICALE". L'ATTACCO DI ANDREA SCANZI SU FACEBOOK CHE ACCUSA I COLLEGHI GIORNALISTI: "CORRESPONSABILI DELLO SFACELO ITALIANO". Durissimo sfogo del giornalista del Fatto Andrea Scanzi che sul suo profilo Facebook se la prende, e non poco, con i colleghi giornalisti definiti "corresponsabili dello sfacelo italiano". Poi, un pensiero al Movimento 5 Stelle visto come "l'agnello sacrificale". Potete girarci intorno quanto volete, esimi colleghi di stampa e tivù, ma NEGLI ULTIMI DUE DECENNI TROPPI DI VOI SONO STATI CORRESPONSABILI DELLO SFACELO ITALIANO. E adesso troppi di voi - più o meno gli stessi, più o meno i soliti noti - CONTINUANO A GIOCARE AI DURI COI DEBOLI E AI DEBOLI COI FORTI. VI SIETE FATTI PIACERE MONTI. VI STATE FACENDO PIACERE LETTA. E TUTTO SOMMATO ANCHE BERLUSCONI NON VI È MAI DISPIACIUTO. CONOSCO IL VOSTRO GIOCO: BOMBARDARE A TAPPETO I "DIVERSI" PER OGNI RAFFREDDORE E AMNISTIARE I POTENTI PER OGNI DISASTRO. E' un gioco redditizio e il M5S (che spesso si fa male da solo) è perfetto come agnello sacrificale. Vi auguro buon divertimento. HO UN SOLO CRUCCIO: SE SOLO AVESTE MOSTRATO NEGLI ULTIMI VENT'ANNI LO STESSO FETICISMO ANCHE PER LE PULCI (CHE ERANO POI CANCRENE) DI CENTRODESTRA E CENTROSINISTRA, NON SAREMMO MESSI COME SIAMO. Tra autocensure e tengofamiglismo, avete contribuito a sputtanare un lavoro nobilissimo: quello di Giornalista. Perdonatemi quindi se continuerò, come altri "disfattisti", a fare quel che ho sempre fatto: e cioè a SCRIVERE QUEL CHE PENSO E VEDO, spesso scontentando tutti (che è poi il mio brodo). PER ESEMPIO CHE L'ESPULSIONE DELLA GAMBARO È LA CAZZATA SIDERALE CHE TANTI DI VOI ASPETTAVANO BRAMOSI, salvo poi aggiungere che senza M5S non avremmo scoperto le storture del decreto svuotacarceri.  STATE PROVANDO A FAR CREDERE AGLI ITALIANI CHE LE COLPE DEGLI ULTIMI VENT'ANNI SONO DEL M5S. CHE IN QUESTI VENT'ANNI NEANCHE C'ERA. Molti italiani ci crederanno, perché GLI ITALIANI VANNO GHIOTTI DI FAVOLE AUTOASSOLUTORIE. Io no. Io mi nutro diversamente e, se proprio ho voglia di rincoglionimento, alle omelie furbine dei tromboni preferisco una bella sbronza.

venerdì 21 giugno 2013

Jim Butcher. Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell'oro. Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello. Questa tecnica è chiamata Kintsugi ....... Rendere belle e preziose le "persone" che hanno sofferto......questa tecnica si chiama amore. Il dolore è parte della vita. A volte è una parte grande, e a volte no, ma in entrambi i casi, è una parte del grande puzzle, della musica profonda, del grande gioco. Il dolore fa due cose: Ti insegna, ti dice che sei vivo. Poi passa e ti lascia cambiato. E ti lascia più saggio, a volte. In alcuni casi ti lascia più forte. In entrambe le circostanze, il dolore lascia il segno, e tutto ciò che di importante potrà mai accadere nella tua vita lo comporterà in un modo o nell'altro.

Kintsugi: le cicatrici d’oro.
La vita consta non soltanto d’integrità, ma anche di rottura e, come tale, va accolta…
E’ capitato a tutti: un fatale momento di distrazione, e l’oggetto in ceramica a cui teniamo tanto cade rovinosamente a terra, rompendosi.

Stupore, incredulità, ira e dispiacere ci attanagliano nei concitati istanti successivi alla caduta, decorsi i quali ci rassegniamo a raccogliere i cocci e ad accomodarli nella spazzatura, seppure a malincuore, o a conservarli racchiusi in una scatola; l’idea di provare a ricomporre il manufatto magari ci sfiora, ma di norma la lasciamo volare via, per pigrizia o per lo scarso valore economico dell’oggetto o semplicemente in quanto fermamente convinti che “un vaso rotto non potrà mai tornare come prima”.

Questo è quello che accade, in genere, in Occidente: 
in Oriente, o, per essere più precisi, in parte di esso, le cose vanno molto diversamente.

In Giappone, quando un oggetto in ceramica (di norma il vasellame) si rompe, lo si ripara con l’oro, poiché si è convinti che un “vaso rotto possa divenire ancora più bello di quanto già non lo fosse in origine”.

Tale tecnica di riparazione prende il nome di Kintsugi o Kintsukuroi (letteralmente, “riparare con l’oro”), e consiste nell’incollare i frammenti dell’oggetto rotto con una lacca giallo rossastra naturale e nello spolverare le crepe che attraversano l’opera ricomposta con della polvere d’oro (più raramente d’argento o di rame). Il risultato è strabiliante: il manufatto è striato d’oro, percorso da linee che lo rendono nuovo, diverso, bellissimo. La casualità determinata dalla rottura, rende gli oggetti redivivi grazie al kintsugi tutti differenti fra loro e dunque unici, oltre che pregevoli per via del metallo prezioso che li decora.


Ricorrere al Kintsugi richiede, come facilmente immaginabile, “tempo e denaro”: per rientrare in possesso del manufatto bisogna attendere circa due o tre mesi e la spesa da sostenere si aggira intorno ai 150 €.

La circostanza che il Kintsugi non costituisca una pratica alla portata di tutti, appare, tuttavia, del tutto secondaria: a contare, infatti, non è tanto la possibilità di riparare un oggetto accrescendone la bellezza e il pregio, quanto la filosofia che ne è alla base, secondo la quale la vita consta non soltanto d’integrità, ma anche di rottura e, come tale, va accolta.

Il dolore, per i giapponesi, non incarna un sentimento vergognoso, da estirpare o da occultare, così come l’imperfezione estetica non rappresenta un elemento capace di rovinare l’armonia di una figura; le crepe dell’oggetto rotto non vanno nascoste né mimetizzate ma valorizzate, esattamente come le cicatrici, i difetti fisici e le ferite dell’anima non vanno celate ma esibite senza imbarazzo, essendo le stesse parte dell’uomo e della sua storia.

Una filosofia assai distante da quella tipica delle società occidentali, nelle quali il valore affettivo è sempre più spesso sacrificato a quello materiale, la sofferenza è considerata un sentimento sterile, anziché un moto dell’anima grazie al quale ciascuno ha la possibilità di comprendere più a fondo se stesso e di reinventarsi ridisegnando la propria esistenza, e i difetti fisici sono drammatizzati e camuffati in nome dell’aderenza al modello di perfezione estetica irraggiungibile proposto dai mezzi di comunicazione, invece che valorizzati in quanto elementi di fascino e di unicità.

Il Kintsugi, attraverso, l’arte, ci dimostra che da una ferita risanata, dalla lenta riparazione conseguente a una rottura, può rinascere una forma di bellezza e di perfezione superiore, lasciandoci così intendere che i segni impressi dalla vita sulla nostra pelle e nella nostra mente hanno un valore e un significato, e che è da essi, dalla loro accettazione, dalla loro rimarginazione, che prendono il via i processi di rigenerazione e di rinascita interiore che ci rendono delle persone nuove e risolte.

D’altronde, anche le perle nascono dal dolore, dalla sofferenza di un’ostrica ferita da un predatore: altro non è, una perla, che una ferita cicatrizzata.

Dalila Giglio

https://www.ilquorum.it/kintsugi-le-cicatrici-doro/



Metafora e tecnica del kintsugi: l’arte delle preziose cicatrici.
Rompendosi, la ceramica prende nuova vita attraverso le linee di frattura all’oggetto, che diventa ancora più pregiato. Grazie alle sue cicatrici. L’arte di abbracciare il danno, di non vergognarsi delle ferite, è la delicata lezione simbolica suggerita dall’antica arte giapponese del kintsugi.
Quando una ciotola, una teiera o un vaso prezioso cadono frantumandosi in mille cocci, noi li buttiamo con rabbia e dispiacere. Eppure c’è un’alternativa, una pratica giapponese che fa l’esatto opposto: evidenzia le fratture, le impreziosisce e aggiunge valore all’oggetto rotto. 
Si chiama kintsugi (金継ぎ), o kintsukuroi (金繕い), letteralmente oro (“kin”) e riunire, riparare, ricongiunzione (“tsugi”).

Quest’arte giapponese prescrive l’uso di un metallo prezioso – che può essere oro o argento liquido o lacca con polvere d’oro – per riunire i pezzi di un oggetto di ceramica rotto, esaltando le nuove nervature create. La tecnica consiste nel riunirne i frammenti dandogli un aspetto nuovo attraverso le cicatrici impreziosite. Ogni pezzo riparato diviene unico e irripetibile, per via della casualità con cui la ceramica si frantuma e delle irregolari, ramificate decorazioni che si formano e che vengono esaltate dal metallo.

Così le cicatrici diventano bellezza da esibire
Con questa tecnica si creano vere e proprie opere d’arte, sempre diverse, ognuna con la propria trama da raccontare, ognuna con la propria bellezza da esibire, questo proprio grazie all’unicità delle crepe che si creano quando l’oggetto si rompe, come fossero le ferite che lasciano tracce diverse su ognuno di noi.

La nascita della tecnica kintsugi e il suo significato:
Tradizionalmente, il collante usato è la lacca urushi, che si ricava da millenni dalla pianta Rhus  verniciflua. I cinesi la utilizzavano da millenni e in Giappone, nella Tomba Shimahama nella Prefettura di Fukui, sono stati rinvenuti oggetti laccati come pettini e vassoi, usati nel periodo Jomon circa 5.000 anni fa. Inizialmente questa linfa appiccicosa era utilizzata, per le sua qualità adesive, nella realizzazione di armi da guerra e da caccia.

La tecnica kintsugi potrebbe essere stata inventata intorno al XV secolo, quando Ashikaga Yoshimasa, ottavo shogun dello shogunato Ashikaga, dopo aver rotto la propria tazza di tè preferita la inviò in Cina per farla riparare. Purtroppo le riparazioni all’epoca avvenivano con legature metalliche poco estetiche e poco funzionali. La tazza sembrava perduta, ma il suo proprietario decise di ritentare la riparazione affidandola ad alcuni artigiani giapponesi, i quali sorpresi dalla tenacia dello shogun nel riavere la sua amata tazza, decisero di provare a trasformarla in gioiello riempiendo le crepe con resina laccata e polvere d’oro
La leggenda è plausibile perché situa la nascita del kintsugi in un periodo molto fecondo, per l’arte, in Giappone. Durante il governo di Yoshimasa si assistette allo sviluppo dell’Higashiyama bunka, un movimento culturale fortemente influenzato dal buddhismo Zen e che diede origine alla cerimonia del tè (anche Sado o via del tè), all’ikebana o (anche Kado, via dei fiori), al teatro No, alla pittura con inchiostro cinese.

Ancora oggi, per riparare i pezzi più grandi e pregiati con la tecnica kintsugi, dati i diversi passaggi necessari e il tempo di essiccazione, può occorrere fino a un mese.

Quanti messaggi belli, ci dà il il kintsugi.
Il kintsugi suggerisce paralleli suggestivi. Non si deve buttare ciò che si rompe
La rottura di un oggetto non ne rappresenta più la fine. Le sue fratture diventano trame preziose. 
Si deve tentare di recuperare, e nel farlo ci si guadagna. È l’essenza della resilienza. 
Nella vita di ognuno di noi, forse, si deve cercare il modo di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di crescere attraverso le proprie esperienze dolorose, di valorizzarle, esibirle e convincersi che sono proprio queste che rendono ogni persona unica, preziosa.

https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/kintsugi-larte-delle-preziose-cicatrici




NETSUKE' (netsuke da ne, "legna", e tsuke, "bottone")
<< Antico portafortuna dei samurai giapponesi anche se mezzo millennio prima dell'introduzione in Giappone, i cinesi avevano già i netsuke. Una "coperta" dotata di poteri magici e terapeutici, un po' amuleto e un po' medicina: la scelta di certi legni, per esempio, era determinata dalle virtù curative e salutari che venivano attribuite ai materiali; la scelta di alcuni soggetti era determinata dal loro significato fausto e augurale.>>





"Prendi un piatto e tiralo per terra!"
"Fatto!"
'Si è rotto?"
'Si"
"Bene ora chiedigli scusa.." 'Scusa!'
"È tornato come prima?" "No"
'Ora capisci?"





-Prendi un piatto e gettalo per terra
-Fatto.
-Si è rotto?
-No, è di plastica.





le scuse non servono a riparare i danni... ma a far capire che non sono stati danni causati con intenzione, e che si è pentiti.. o almeno dovrebbe essere così...


LA LEGGENDA DEI CHIODI NEL MURO
C'era una volta un ragazzo con un bruttissimo carattere.
Suo padre gli diede un sacchetto di chiodi e gli disse di piantarne uno sul muro del giardino ogni volta che avrebbe perso la pazienza e avrebbe litigato con qualcuno.
Il primo giorno ne piantò 37 nel muro.
Le settimane successive, imparò a controllarsi, ed il numero di chiodi piantati diminuì giorno dopo giorno: aveva scoperto che era più facile controllarsi che piantare chiodi.
Infine, arrivò un giorno in cui il ragazzo non piantò nessun chiodo sul muro.
Allora andò da suo padre e gli disse che quel giorno non aveva piantato nessun chiodo.
Suo padre gli disse allora di togliere un chiodo dal muro per ogni giorno in cui non avesse mai perso la pazienza.
I giorni passarono e infine il giovane poté dire a suo padre che aveva levato tutti i chiodi dal muro. Il padre condusse il figlio davanti al muro e gli disse : " Figlio mio, ti sei comportato bene, ma guarda tutti i buchi che ci sono sul muro. Non sarà mai come prima. Quando litighi con qualcuno e gli dici qualcosa di cattivo, gli lasci una ferita come questa. Puoi piantare un coltello in un uomo e poi tirarglielo via, ma gli resterà sempre una ferita. Poco importa quante volte ti scuserai, la ferita resterà.
Una ferita verbale fa male tanto quanto una fisica".







i giapponesi però insegnano a provare a riempire le crepe con l'oro....
in questo modo è anche meglio di prima che si rompesse no?



Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell'oro. Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello. Questa tecnica è chiamata Kintsugi .......

Rendere belle e preziose le "persone" che hanno sofferto......questa tecnica si chiama amore.
Il dolore è parte della vita. A volte è una parte grande, e a volte no, ma in entrambi i casi, è una parte del grande puzzle, della musica profonda, del grande gioco.
Il dolore fa due cose: Ti insegna, ti dice che sei vivo. Poi passa e ti lascia cambiato.
E ti lascia più saggio, a volte. In alcuni casi ti lascia più forte.
In entrambe le circostanze, il dolore lascia il segno, e tutto ciò che di importante potrà mai accadere nella tua vita lo comporterà in un modo o nell'altro.
Jim Butcher. I 5 elementi

Con una tecnica chiamata Kintsugi, i Giapponesi riparano un oggetto che si è rotto.
ESSI CREDONO CHE QUANDO QUALCOSA SUBISCE UNA FERITA ED HA UNA STORIA, DIVENTI PIÙ BELLO E NON CERCANO DI NASCONDERE LE CREPE, MA LE VALORIZZANO RIEMPIENDOLE CON DELL'ORO. Mi sembra una buona tecnica......

Oro al posto della colla. Metallo pregiato invece di una sostanza adesiva trasparente.
E la differenza è tutta qui: occultare l'integrità perduta o esaltare la storia della ricomposizione?
Chi vive in Occidente fa fatica a fare pace con le crepe.
"Spaccatura, frattura, ferita" sono percepiti come l'effetto meccanicistico di una colpa, perchè il pensiero digitale ci ha addestrati a percorrere sempre e solo una delle biforcazioni: o è intatto, o è rotto. Se è rotto, è colpa di qualcuno.
Il pensiero analogico -arcaico, mitico, simbolico- invece, rifiuta le dicotomie e ci riporta alla compresenza degli opposti, che smettono di essere tali nel continuo osmotico fluire della vita.
La Vita è integrità e rottura insieme, perché è ri-composizione costante ed eterna.
Rendere belle e preziose le "persone" che hanno sofferto......questa tecnica si chiama "amore".
Il dolore è parte della vita. A volte è una parte grande, e a volte no, ma in entrambi i casi, è una parte del grande puzzle, della musica profonda, del grande gioco. Il dolore fa due cose: Ti insegna, ti dice che sei vivo. Poi passa e ti lascia cambiato. E ti lascia più saggio, a volte. In alcuni casi ti lascia più forte. In entrambe le circostanze, il dolore lascia il segno, e tutto ciò che di importante potrà mai accadere nella tua vita lo comporterà in un modo o nell’altro I giapponesi che hanno inventato il Kintsugi l'hanno capito più di sei secoli fa - e ce lo ricordano sottolineandolo in oro.




Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell'oro. Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello. Questa tecnica è chiamata Kintsugi ....... Rendere belle e preziose le "persone" che hanno sofferto......questa tecnica si chiama Amore. Il dolore è parte della vita. A volte è una parte grande, e a volte no, ma in entrambi i casi, è una parte del grande puzzle, della musica profonda, del grande gioco. Il dolore fa due cose: Ti insegna, ti dice che sei vivo. Poi passa e ti lascia cambiato. E ti lascia più saggio, a volte. In alcuni casi ti lascia più forte. In entrambe le circostanze, il dolore lascia il segno, e tutto ciò che di importante potrà mai accadere nella tua vita lo comporterà in un modo o nell’altro.
Questa tecnica è una metafora della vita di una persona, che dopo essersi rialzata da un periodo buio e difficile si ricompone più forte e valorosa di prima.
Jim Butcher. I 5 elementi

Il Kintsugi, ovvero "RIPARARE CON L'ORO", è una pratica giapponese che consiste nell'utilizzo di oro o argento liquido per la riparazione di oggetti in ceramica andati distrutti. Questo ne aumenta sia il valore economico che quello artistico, dato che la casualità con cui si rompe l'oggetto darà vita ad un oggetto unico. Questa tecnica è una metafora della vita di una persona, che dopo essersi rialzata da un periodo buio e diffìcile si ricompone più forte e valorosa di prima.





Si racconta che nel Quindicesimo secolo uno shogun, ossia un importante generale dell'esercito giapponese, avesse mandato in Cina una teiera rotta per farla riparare. Questa però fu malamente ritoccata con dei fili di metallo e rimandata allo shogun il quale, deluso del pessimo lavoro svolto, commissionò lo stesso lavoro a degli artigiani giapponesi. Il risultato fu una meravigliosa teiera rifinita con venature dorate al posto delle crepe; fu solo il primo suppellettile di questo genere ma diede il via a una vera e propria forma d'arte destinata ad avere grande successo fra i collezionisti dell'epoca e quelli contemporanei, tanto che alcuni iniziarono a rompere spontaneamente il proprio vasellame per farlo riparare. La tecnica prese il nome di "Kintsugi" e prevedeva l'uso di un collante di resina mista a polvere d'oro, argento o platino. Con l'andare del tempo, oltre alla forma estetica ha assunto un significato più profondo: il vaso rotto e riparato con queste splendide venature dorate rappresenta la vita ed i cambiamenti che essa porta con sé. La nostra storia infatti non è mai lineare ma presenta sempre delle spaccature, delle scissioni e degli ostacoli che siamo fieri di sottolineare ed evidenziare, una volta rimessi insieme i pezzi.






La frase giapponese “Kachō-Fūgetsu” significa “Rappresentare la bellezza di tutti gli elementi che troviamo in natura e che la natura stessa ci trasmette”.
Dettagliatamente:
“Ka” significa “Fiori”
“Fu” significa “Il paesaggio fatto di montagne, fiumi, vento, ecc.”
“Cho” significa “Uccelli e l'armonia del suono degli uccelli”
“Getsu” significa “Luna”
Questi significati indicano la totalità della natura nella sua bellezza, serenità e purezza.





Bellissime riflessioni attraversando... il Kintsugi. Purtroppo il pensiero lineare dei sillogismi in Barbara di aristotelica memoria ha gessato la mente facendoci dimenticare che esistono anche quelli meravigliosi in erba, di cui parla Bateson, della metafora , del sogno, della poesia, del mito che ci aiutano a riappacificarci con la vita



Bursi Raymond 

... secondo il feng shui ogni cosa che mettiamo in casa rischiamo di infulenzarla...




urge elevare la nostra mente a non indugiare su "o intatto o rotto" , se afferriamo il concetto di entaglement, la crepa, l'intatto o il rotto diventano UNO...ciò conduce all'assenza di giudizio, allo scioglimento del senso di colpa e finalmente all' AMORE.







Giorgio Colli. LA LEGGE DEL ‘PHTHONOS’ delimita plasticamente in una gelida e cattiva bellezza, dando loro figure e realtà impenetrabili, ribelli ad ogni disegno unificante. Di qui il CARATTERE UNICO DELLA POLITICA GRECA. LO ‘PHTHONOS’ DEGLI INDIVIDUI SI AGGREGA MECCANICAMENTE IN INSTABILI MA NECESSARIE STRUTTURE, LA ‘POLIS’, DATO CHE L’OSTILITÀ DEVE AVERE UN TERRENO PER ESPLICARSI. LA VITA SI ESPRIME COSÌ DIRETTAMENTE NELLA POLITICA, ED ANCHE ESCLUSIVAMENTE. LA NATURA GRECA NON PUÒ PRESCINDERE DAL CONFRONTO, NON HA IL SENSO DELLA SOLITUDINE, e d’altra parte non tollera che UN UNICO CAMPO DI LOTTA, LA ‘POLIS’, POICHÉ VUOLE GIUDICARE I VALORI UMANI SECONDO UN’UNICA GRADUATORIA. LA ‘POLIS’ DIVENTA COSÌ TIRANNICA – ESSA È IL TRIBUNALE DELLO ‘PHTHONOS’ - MA IN REALTÀ SOLTANTO PER I SOCCOMBENTI NELLA LOTTA. Null’altro se non l’ ‘ELEUTHERIA’ GRECA, CHE È LA LEALTÀ VERSO IL VINCITORE, POTEVA PERMETTERE FOSSERO PRONUNCIATE LE VERITÀ EMPIE E TERRIBILI DEI PRESOCRATICI O SOPPORTARE LA LORO ALTERIGIA, e nessuna potenza terrena tollerò in seguito alcunché di simile


Giorgio Colli,  La ragione non è indipendente dall’animalità.
“ L’uomo non è l’animale razionale che proprio per la sua ragione è superiore agli animali, e l’uomo più alto non è quello che annulla e sottovaluta tutto il resto per essere soltanto ragione. Piuttosto l’uomo è superiore agli altri animali per una maggiore intensità di vita, cioè di quel comune patrimonio che è sostanza di lui e degli altri animali: la ragione non è altro che ‹l’espressione visibile di questa maggiore intensità›, ma la natura della ragione ‹non è indipendente dall’animalità, ma manifesta appunto questa›.”
GIORGIO COLLI (1917 – 1979), “La ragione errabonda. Quaderni postumi”, a cura di Enrico Colli, Adelphi, Milano 1982 (I ed.), E1: [104 – [125] 28 novembre 1961 - 30 luglio 1962, [111] 21.12.61, p. 128.


Giorgio Colli. - L’idea come espressione di ciò che è nascosto -
“ ‹Platone›, le cui idee sono esplicitamente sottratte alla sfera spazio-temporale (‹Fedone›, ‹Fedro› ecc.) ma anche a quella dell’astrazione (VII lettera contrapposizione a ἐπιστήμη) – sono cioè quel μεταξύ che condanna la rappresentazione come apparenza, ma d’altra parte si pone come ‹espressione› (poiché ἰδέα significa appunto espressione e la sua intuitività non ha nessuna relazione con lo spazio, la vista ecc.). Cosicché non solo Parmenide non è mai stato capito (nel senso che l’essere è solo la legge del fenomeno, con un’allusione al noumeno), ma anche Platone, le cui idee sono la rappresentazione vista sostanzialmente, come espressione di ciò che è nascosto.”
GIORGIO COLLI (1917 – 1979), “La ragione errabonda. Quaderni postumi”, a cura di Enrico Colli, Adelphi, Milano 1982 (I ed.), E3 (seconda parte) 1° marzo 1966 – 21 ottobre 1968, [376] 18.8.69, p. 438.



Giorgio Colli. L’aspetto teoretico della parola del dio.
“A Delfi si manifesta la vocazione dei Greci per la conoscenza
sapiente non è il ricco di esperienza, chi eccelle in abilità tecnica, in destrezza, in espedienti, come lo è invece per l’età omerica. Odisseo non è un sapiente. Sapiente è chi getta luce nell’oscurità, chi scioglie i nodi, chi manifesta l’ignoto, chi precisa l’incerto. Per questa civiltà arcaica la conoscenza dell’uomo e del mondo appartiene alla sapienza. Apollo simboleggia questo occhio penetrante, il suo culto è una celebrazione della sapienza. Ma il fatto che Delfi sia un’immagine unificante, un’abbreviazione della Grecia stessa, indica qualcosa di più, ossia che la conoscenza fu, per i Greci, il massimo valore della vita. Altri popoli conobbero, esaltarono la divinazione, ma nessun popolo, ma nessun popolo la innalzò a simbolo decisivo, per cui, nel grado più alto, la potenza si esprime in conoscenza, come ciò accadde presso i Greci. In tutto il territorio ellenico vi furono santuari destinati alla divinazione; questa rimase un elemento decisivo nella vita pubblica, politica dei Greci. E soprattutto l’aspetto teoretico connesso alla divinazione è caratteristico dei Greci. Divinazione implica conoscenza del futuro e manifestazione, comunicazione di tale conoscenza. Ciò avviene attraverso la parola del dio, attraverso l’oracolo. Nella parola si manifesta all’uomo la sapienza del dio, e la forma, l’ordine, il nesso in cui si presentano le parole rivela che non si tratta di parole umane, bensì di parole divine. Di qui il carattere esteriore dell’oracolo: l’ambiguità, l’oscurità, l’allusività ardua da decifrare, l’incertezza. Il dio dunque conosce l’avvenire, lo manifesta all’uomo, ma sembra non volere che l’uomo comprenda. C’è un elemento di malvagità, di crudeltà nell’immagine d’Apollo, che si riflette nella comunicazione della sapienza.” 
GIORGIO COLLI (1917 – 1979), “La nascita della filosofia”, Adelphi, Milano 1980 (III ed., I ed. 1975), I. ‘La follia è la fonte della sapienza’, pp. 15 – 16.


Giorgio Colli. Il miracolo della filosofia era dato dalla natura.
“Il Greco sa che il flusso della vita trascina irresistibilmente, ma conosce anche la legge di questa corrente, lo ‘PHTHONOS’. IL PRINCIPIO DI INDIVIDUAZIONE determina, solo, i valori dell’esistenza, e L’UOMO SI AFFERMA NELLA REALTÀ SECONDO LA MISURA CHE LA ‘PHYSIS’ GLI CONCEDE. Quanto maggiore è il distacco, l’ostilità innata, l’aristocrazia, tanto più l’ ‘ANANKE’ è inebriante. Una morale alla portata di tutti è priva di senso, dato che il libero arbitrio, con quanto vi è connesso, è qualcosa di sconosciuto. Del pari OGNI FINALISMO È ASSENTE: per l’individuo conta soltanto il proprio slancio nella vita, e al di là di questo nessun ordinamento oggettivo esiste, in funzione del quale egli possa agire. IL SENSO DEL DISTACCO GLI FA CONTEMPLARE LA VITA COME UN GIOCO, un variopinto susseguirsi di immagini attraenti, che LA LEGGE DEL ‘PHTHONOS’ delimita plasticamente in una gelida e cattiva bellezza, dando loro figure e realtà impenetrabili, ribelli ad ogni disegno unificante. Di qui il CARATTERE UNICO DELLA POLITICA GRECA. LO ‘PHTHONOS’ DEGLI INDIVIDUI SI AGGREGA MECCANICAMENTE IN INSTABILI MA NECESSARIE STRUTTURE, LA ‘POLIS’, DATO CHE L’OSTILITÀ DEVE AVERE UN TERRENO PER ESPLICARSI. LA VITA SI ESPRIME COSÌ DIRETTAMENTE NELLA POLITICA, ED ANCHE ESCLUSIVAMENTE. LA NATURA GRECA NON PUÒ PRESCINDERE DAL CONFRONTO, NON HA IL SENSO DELLA SOLITUDINE, e d’altra parte non tollera che UN UNICO CAMPO DI LOTTA, LA ‘POLIS’, POICHÉ VUOLE GIUDICARE I VALORI UMANI SECONDO UN’UNICA GRADUATORIA. LA ‘POLIS’ DIVENTA COSÌ TIRANNICA – ESSA È IL TRIBUNALE DELLO ‘PHTHONOS’ - MA IN REALTÀ SOLTANTO PER I SOCCOMBENTI NELLA LOTTA. Null’altro se non l’ ‘ELEUTHERIA’ GRECA, CHE È LA LEALTÀ VERSO IL VINCITORE, POTEVA PERMETTERE FOSSERO PRONUNCIATE LE VERITÀ EMPIE E TERRIBILI DEI PRESOCRATICI O SOPPORTARE LA LORO ALTERIGIA, e nessuna potenza terrena tollerò in seguito alcunché di simile. L’ANTIFINALISMO poi si riflette assai chiaramente nel CONCRETO ATTEGGIAMENTO POLITICO DEI GRECI COME POPOLO, CIOÈ NELL’INSTABILITÀ DEI LORO ORGANISMI STATALI, NEL FRENETICO RINNOVARSI DI ODI SENZA SCOPO E SENZA SENSO, NEL DECISO PREVALERE DI UN IMPULSO DISTRUTTORE, NEL PERIODICO RIAFFIORARE DI UNA FEROCIA BARBARICA CON CUI LO ‘PHTHONOS’ E L’INSENSIBILITÀ AL DOLORE CONTEMPLATO DI UN’EBREZZA ESTETICA DIMENTICANO L’INNATA ‘PHILANTTHROPIA’, NELL’ASSOLUTA MANCANZA DI SAGGEZZA POLITICA ed in genere di una diplomazia di ampio respiro, nella loro INSOFFERENZA PER OGNI MOVIMENTO UNIFICATORE.
Questo miracoloso complesso di doti filosofiche – quando il velo ricadde dietro questo giorno supremo dell’umanità, PASSARONO DUEMILA ANNI PRIMA CHE UNO SOLO, SPINOZA, LO RISOLLEVASSE – ERA DATO DALLA NATURA, NON CONQUISTATO.”

GIORGIO COLLI (1917 - 1979), “LA NATURA AMA NASCONDERSI ΦΥΣΙΣ ΚΡΥΠΤΕΣΘΑΙ ΦΙΛΕΙ”, a cura di Enrico Colli, Adelphi, Milano 1988 (I ed. 1948 pubblicata dall’A. in una tiratura di cinquecento copie), I. ‘La Grecia dei filosofi’, II. ‘L’epoca suprema’, pp. 23 – 24.

Giorgio Colli.
- Educazione e scuola -
“ L’educazione dev’essere sottratta all’Università. 
La scuola non può essere riformata, ma solo combattuta.”

GIORGIO COLLI (1917 – 1979), “La ragione errabonda. Quaderni postumi”, a cura di Enrico Colli, Adelphi, Milano 1982 (I ed.), ‘Appendice’, C: [765] – [781] 21- 31 agosto 1956, [778], p. 565.



Giorgio Colli è un grande, un intellettuale dall'ingegno multiforme, grande filosofo, filologo e studioso appassionato delle opere di Nietzsche ; eppure , nonostante ciò fu sempre osteggiato e gli fu impedito di entrare negli atenei. Morì senza il più piccolo sussulto del mondo accademico e intellettuale che ne invidiava il grande talento. Questo è il destino ingiusto e infame che viene riservato alle persone eccezionali, agli ingegni elevati. Io lo adoro, l'ho letto e lo rileggo periodicamente.









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