venerdì 28 febbraio 2014

Masaru Emoto. La Risposta dell’Acqua. In Giappone si ritiene che le parole abbiano un’anima, la cosiddetta “anima della parola”. Si pensa che soltanto pronunciando le parole si abbia il potere di trasformare il mondo. Le parole influenzano in maniera molto forte la nostra coscienza. Si dice spesso che è importante usare parole positive perché tutto scorra liscio. Però finora questo rapporto non era mai stato mostrato in forma visibile. Le parole manifestano sentimenti. I sentimenti con i quali viviamo modificano l’acqua che costituisce il 70% del nostro corpo, e questa modificazione si manifesta in tutto il corpo. Chi ha un corpo sano ha sentimenti sani. È vero che una mente sana vive in un corpo sano.

In Giappone si ritiene che le parole abbiano un’anima, la cosiddetta “anima della parola”. Si pensa che soltanto pronunciando le parole si abbia il potere di trasformare il mondo. Le parole influenzano in maniera molto forte la nostra coscienza. Si dice spesso che è importante usare parole positive perché tutto scorra liscio. Però finora questo rapporto non era mai stato mostrato in forma visibile. Le parole manifestano sentimenti. I sentimenti con i quali viviamo modificano l’acqua che costituisce il 70% del nostro corpo, e questa modificazione si manifesta in tutto il corpo.
Chi ha un corpo sano ha sentimenti sani. È vero che una mente sana vive in un corpo sano.
Masaru Emoto. La Risposta dell’Acqua


Emoto ha dimostrato scientificamente come la cristallizzazione dell'acqua cambia a seconda delle informazioni che essa riceve , proprio come una persona.
L acqua del rubinetto di Tokio ad esempio (come del resto lacqua dei rubinetti di tutte le grandi città) ha un cristallo informe e brutto, ma se essa riceve vibrazioni armoniche musicali (ad esempio la musica di Bach) o verbali, la stessa acqua inquinata del rubinetto assume una forma assolutamente diversa, geometrica ed armonica, quando viene nuovamente cristallizzata.
Rivoluzionario no?

Queste ricerche ci danno uno strumento potentissimo per affrontare il problema dell'inquinamento dell'acqua e dell'ambiente e ci fanno riflettere come l'ambiente interiore ed esteriore siano collegati.

http://youtu.be/by8Kq3HY4xo

Eleonor Roosvelt. Grandi menti parlano di idee; menti mediocri parlano di cose; piccole menti parlano di persone

Grandi menti parlano di idee; menti mediocri parlano di cose; piccole menti parlano di persone
Eleonor Roosvelt

giovedì 27 febbraio 2014

L’albero della vita nella storia dell’arte. L’albero della vita, però, non è un albero qualunque. È una raffigurazione fortemente simbolica che racchiude significati spesso esoterici (come nel caso della Cabala) o religiosi (come nell’Ebraismo o nel Cristianesimo). Fin dalle sue origini l’albero è sempre rigidamente simmetrico e, in base alla civiltà di riferimento, può somigliare ad una palma, ad un sicomoro, unmelograno o ad altre specie particolari.




L’albero della vita nella storia dell’arte

Quando si pensa all’albero della vita nelle sue rappresentazioni artisticheviene subito in mente il celebre pannello di Gustav Klimt per Palazzo Stoclet, a Bruxelles.
Ma quell’immagine è solo una delle migliaia di raffigurazioni di questo soggetto. Si tratta, infatti, di un simbolo ancestrale, antico quanto l’uomo, presente in tutte le civiltà con significati abbastanza simili legati alla nascita, alla rigenerazione, all’energia vitale.
E, in effetti, basta osservare le mutazioni di un albero nel susseguirsi delle stagioni per percepire quanta vitalità possano sprigionare gli alberi!
L’albero della vita, però, non è un albero qualunque. È una raffigurazione fortemente simbolica che racchiude significati spesso esoterici (come nel caso della Cabala) o religiosi (come nell’Ebraismo o nel Cristianesimo). Fin dalle sue origini l’albero è sempre rigidamente simmetrico  e, in base alla civiltà di riferimento, può somigliare ad una palma, ad un sicomoro, unmelograno o ad altre specie particolari.
Le più antiche rappresentazioni sono state rinvenute in Mesopotamia e risalgono al IX secolo a.C. Si tratta, nello specifico, di bassorilievi (ottenuti anche con l’uso di sigilli cilindrici) di epoca assira. Nella più nota di queste si può osservare Assurbanipal II raffigurato due volte in posizioni simmetriche rispetto all’albero sacro, generatore di ricchezza e fertilità.
Presso gli Egizi, essendo il faraone egli stesso una divinità, spesso è raffigurato come se fosse il tronco dell’albero della vita (forse un’acacia), con i rami disposti quasi a raggiera. Secondo alcune interpretazioni l’albero della vita egizio sarebbe da ricondurre alla forma della foce del Nilo, fiume che effettivamente garantiva la vita e la prosperità della popolazione.
Con la civiltà greca il mito dell’albero della vita si sovrappone a quello dell’albero dalle mele d’oro situato nel giardino delle Esperidi. Toccherà adErcole sconfiggere il serpente Ladone per raccogliere tre pomi (da notare l’analogia con la mela e il serpente della tradizione iconografica cristiana).
Dal punto di vista grafico, l’albero che vedete in questi esempi classici è davvero striminzito. Non è lui il vero protagonista quanto il mito ad esso legato. È solo un accessorio, un attributo iconografico di Ercole in una delle sue dodici fatiche.
Con l’avvento del Cristianesimo l’albero della vita torna ad avere un ruolo iconico evidente, soprattutto nel basso Medioevo. Un esempio molto noto è costituito dall’immenso mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto realizzato dal monaco Pantaleone tra il 1163 e il 1165.
Dal punto di vista tecnico e artistico non è un’opera eccelsa, le immagini sono molto schematiche e la fattura del mosaico piuttosto primitiva ma nella sua globalità è un vero capolavoro della cultura dell’epoca.
Il tronco dell’albero attraversa tutta la navata mentre ai suoi fianchi si snodano scene bibliche ed eventi storici. Nella parte superiore dodici tondi raffiguranti i mesi dell’anno, quasi a rimarcare il primitivo legame trareligione e tempi della natura.
Intanto in Sicilia maestranze arabe e bizantine alla corte del Re normanno Ruggero II, tessevano il suo splendido mantello per l’incoronazione che avvenne nel 1133. Il prezioso manufatto presenta due leoni che sbranano due cammelli (a simboleggiare la vittoria dei Normanni sugli Arabi) separati da un albero della vita (in questo caso una palma).
La stessa palma è presente nei mosaici parietali della Sala di Re Ruggero aPalazzo dei Normanni, Palermo, e nel famoso chiostro del Duomo di Monreale (eccezionale esempio di architettura arabo-normanna) come elemento centrale della fontana (collegando così anche l’acqua alla vita).
Un mosaico poco più tardo, sempre in stile bizantino, riporta l’albero della vita nell’alveo della religione cristiana. Si tratta del grande catino absidale della Basilica di San Clemente a Roma su cui campeggia la crocecircondata da rami ricurvi (forse i tralci di vite di origine paleocristiana).
Nel XIV secolo ritroviamo l’albero della vita negli affreschi del refettorio dellaBasilica di Santa Croce a Firenze realizzati da Taddeo Gaddi (1340).
Qui, sopra un’Ultima Cena, è dipinto un grande albero della vita nel quale tronco e rami diventano la croce di Cristo. Il significato è evidente: lasorgente di vita non è più la natura ma è nel figlio di Dio secondo un’iconografia tratta dal Lignum Vitae di San Bonaventura.
Lungo i rami sono scene della vita di Cristo che diventa asse di simmetria di una sorta di vangelo illustrato, aspetto ancora più evidente nel coevo dipinto del fiorentino Pacino Di Buonaguida.
Negli stessi anni un altro artista (non identificato) dipingeva qualcosa di simile nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, seguendo lo stesso schema che si poteva ritrovare anche nelle illustrazioni dell’epoca.
Cosa succedeva, intanto, fuori dall’Italia? Come ho detto all’inizio, l’albero della vita è un simbolo presente in tutte le civiltà e in tutti gli angoli del mondo. Dunque dobbiamo aspettarci di trovare analoghe raffigurazionianche altrove.
Spostandoci in Francia, nella stessa epoca troviamo uno splendido albero realizzato in una delle vetrate della cattedrale di Chartres. È una versione dell’albero conosciuta anche come “Albero di Jesse” cioè lo sviluppo genealogico della stirpe di Cristo.
Ma spostiamoci più lontano e vediamo cosa succede in Asia… Qui l’albero della vita può diventare un vero ricamo di pietra come nella splendida finestra della moschea di Sidi Saiyyed ad Ahmedabad, in India.
Siamo già alla fine del XVI secolo e nell’arte islamica (caratterizzata da motivi biomorfi) il simbolo dell’albero era già presente da tempo. In alcuni casi è trattato come un soggetto realistico, in altri è più stilizzato egeometrizzato (come negli esempi sottostanti provenienti da Siria, Iran e Turchia).
In Europa, intanto, l’albero della vita conosceva un lungo periodo diassenza dalla scena artistica. Dopo la fine del Medioevo occorre aspettare fino al Seicento per ritrovarlo in alcuni retablo barocchi come questo di una chiesa austriaca.
Ed è proprio in Austria che, all’inizio del XX secolo, viene realizzato l’albero della vita più famoso di tutta la storia dell’arte. Un albero che assomma a sé significati universali di amore, rinascita ed energia vitale: quello cheGustav Klimt ideò per il fregio della sala da pranzo di palazzo Stoclet, a Bruxelles tra il 1905 e il 1909.
In quest’opera l’albero, una fiabesca creazione con spirali e gemme, è affiancato da una donna sola a sinistra (simboleggiante l’attesa) e una coppia, a destra, fusa in un abbraccio. Lo stile richiama l’arte bizantina e quella egizia in un nuovo linguaggio che è proprio dell’Art Nouveau, fatto di preziosismo, bidimensionalità e linee curve.
Quello di Klimt resterà quasi un caso isolato nell’arte contemporanea. Ricordo solo altri due casi: quello di Henri Matisse e quello di Marc Chagall.
Il primo ha realizzato un albero della vita sulla vetrata di una cappella nella cittadina francese di Vence (1948-51). Com’è tipico dello stile di questo autore il disegno è molto elementare, con la classica foglia dai bordi ondulati che si ripete lungo il pannello e l’uso di pochi colori.
Il secondo ha lasciato anch’egli delle splendide vetrate con l’albero della vita, dalla tipica dominante azzurra, nella Chiesa di Santo Stefano a Magonza (1978-85) e in una cappella nella cittadina francese di Sarrebourg. (1972-76).
Quest’ultimo esempio sembra proprio un compendio di tutti i significatiche l’albero della vita ha avuto nella storia: simbolo divino e religiosoforza primigenia di rigenerazione, armonia e amore universalespiritualità allo stato puro.
Se ci saranno ancora altri alberi della vita nell’arte del XXI secolo, dubito che riusciranno ad esprimere qualcosa in più di quelli degli artisti contemporanei!

http://www.didatticarte.it/Blog/?p=1708

Ingerman. La Magia esiste. La potente frase “abracadabra” in Aramaico è la frase “abraq ad habra”che letteralmente si traduce in “Creo quello che dico”. Riflettiamo su quello che creiamo con i pensieri durante il giorno con le nostre parole. Riflettiamo sui pensieri che elaboriamo durante il giorno e avremo veramente una visione riguardo la vita e il mondo che stiamo creando.


La potente frase “abracadabra” in Aramaico è la frase “abraq ad habra”che letteralmente si traduce in “Creo quello che dico”.
Riflettiamo su quello che creiamo con i pensieri durante il giorno con le nostre parole.
Riflettiamo sui pensieri che elaboriamo durante il giorno e avremo veramente una visione riguardo la vita e il mondo che stiamo creando.
Sandra Ingerman. La Magia esiste

Giulio Bechi. Caccia grossa. La madre dell'ucciso. statua raffigurante una donna vecchia, triste, sofferente, con le ginocchia alzate al petto, le braccia intorno alle ginocchia, il busto eretto, la testa alta, con le rughe che le scavano profondamente il viso e nell’atteggiamento di chi compie il rito de “sa ria”, la veglia funebre per un congiunto morto in circostanze tragiche.


Sapete chi era la vera Madre dell’ucciso?
Chi era la donna che ha ispirato il grande scultore nuorese Francesco Ciusa?
Si chiamava Grazia Puxeddu, una donna nata a Nuoro nel 1835, morta quando aveva 70 anni il 29 settembre 1905.
Ma la statua “La Madre dell’ucciso” è del 1907...

La statua è stata ultimata il 2 febbraio 1907. Francesco Ciusa, tuttavia, iniziò a scolpirla nel 1906, ossia: quando Grazia Puxeddu era già morta. Perciò lo scultore non potè prendere lei come modella per la sua opera, una statua raffigurante una donna vecchia, triste, sofferente, con le ginocchia alzate al petto, le braccia intorno alle ginocchia, il busto eretto, la testa alta, con le rughe che le scavano profondamente il viso e nell’atteggiamento di chi compie il rito de “sa ria”, la veglia funebre per un congiunto morto in circostanze tragiche.

E l’ucciso? Chi era il figlio di Grazia Puxeddu, il figlio morto ammazzato?
Si chiamava Mauro Manca, soprannominato Muredda. Mauro Gavino Manca Puxeddu. Era nato a Nuoro il 16 novembre del 1866. Fu assassinato a Tertilo presso Funtana ’e Littu, nelle campagne di Nuoro, il 3 luglio 1897. Fu assassinato da Giuseppe Lovicu di Orgosolo con la complicità di altri due individui, molto probabilmente i fratelli Elias e Giacomo Serra Sanna, amici e corresponsabili di tanti altri reati gravissimi, uccisi a loro volta nel luglio del 1899, assieme ad altri due banditi, dai carabinieri e dai soldati che presero parte al conflitto a fuoco ingaggiato nella foresta di Morgogliai, in territorio di Orgosolo.
Fatti descritti da Giulio Bechi nel libro Caccia grossa



Ricordo di aver letto non ricordo più dove di Ciusa che assistè al ritrovamento del cadavere e della madre che dapprima arrivò urlando, vestita di nero come un corvo e poi quasi vergognandosi, ammutolì e si chiuse il corpo quasi a voler tenere tutto per sè quel grande dolore..e quell'immagine rimase scolpita nella memoria di Ciusa così indelebilmente che non ebbe bisogno di modelle..tutta l'immagine era sempre davanti ai suoi occhi..



dietro quella statua si vede il dolore...tragica storia... povera madre...e povere madri...






Elizabeth Stone. Decidere di avere un figlio è una scelta radicale. E' decidere di avere per sempre il proprio cuore che cammina per il mondo, fuori dal proprio corpo

Decidere di avere un figlio è una scelta radicale.
E' decidere di avere per sempre il proprio cuore che cammina per il mondo, fuori dal proprio corpo.
Elizabeth Stone




Constantinos Kavafis. Se abbiamo abbattuto le loro statue, se li abbiamo scacciati dai loro templi, non per questo gli Dei sono morti.

Se abbiamo abbattuto le loro statue, se li abbiamo scacciati dai loro templi, non per questo gli Dei sono morti.
Constantinos Kavafis


Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare."
'Itaca' del poeta greco Konstantinos Kavafis che morì nel 1863


mercoledì 26 febbraio 2014

Costarica. Da quando abbiamo deciso di abolire l'Esercito, siamo diventati il paese più sicuro In Centro America. È difficile da comprendere, ma ci slamo liberati dai colpi di Stato e dalle guerre civili perché non avendo esercito risolviamo tutte le questioni per via pacifica. Abolire l'esercito ci permette di Investire i soldi previsti per la difesa per la salute e per l'educazione.

La presidentessa della Costarica Laura Chichilla Miranda

Da quando abbiamo deciso di abolire l'Esercito, siamo diventati il paese più sicuro In Centro America.
È difficile da comprendere, ma ci slamo liberati dai colpi di Stato e dalle guerre civili perché non avendo esercito risolviamo tutte le questioni per via pacifica.
Abolire l'esercito ci permette di Investire i soldi previsti per la difesa per la salute e per l'educazione.




Sai Baba. La Creazione dev'essere vista come un palcoscenico cosmico, in cui Dio è regista e scenografo della commedia che viene rappresentata. È Lui ad assegnare tutti i ruoli agli attori che vi recitano. Tutte le creature del mondo sono manifestazioni del Divino. Il bene ed il male nel mondo sono espressioni della Coscienza Divina. L'uomo non deve farsi ingannare dalla varietà di queste espressioni. Dietro tutte le varie azioni degli attori, il Divino regista è al lavoro. Il mondo intero è un teatro. Ogni individuo è un attore e Dio è il regista. Solo il regista può dirigere la recita e gli attori. Qualunque cosa venga fatta è solo una manifestazione del Divino.

Srila Prabhuppada:
Non esattamente. Le differenti specie esistono già. "Il pesce", "la tigre", "l'uomo" - tutte queste esistono già, proprio come ci sono diversi tipi di appartamenti qui a Los Angeles. Tu poi occuparne uno secondo la tua abilità di pagare l'affitto, ma tutte diverse categorie di appartamenti esistono simultaneamente. Similmente, all'essere vivente è data la possibilità di occupare una di queste forme corporee secondo il suo karma. Ma c'è anche l'evoluzione, l'evoluzione spirituale. Dal pesce l'anima si evolve alla vita in una pianta. Dalla vita in una pianta l'essere vivente entra nel corpo di un insetto. Dopo il corpo d'insetto, il prossimo stadio è quello di uccello, poi gli animali, e infine l'anima spirituale può evolversi alla forma di vita umana. E dalla forma umana, se un essere si qualifica, può evolversi ulteriormente, altrimenti deve tornare nel ciclo evolutivo. Perciò questa forma di vita umana è una congiunzione importante nello sviluppo evolutivo dell'essere vivente.



"Dicono i Veda che un Dio-Atomo dorme in ogni pietra poi si sveglia in ogni pianta... si muove in ogni animale... pensa in ogni uomo... ed ama in ogni angelo. Da questo deduciamo che dobbiamo trattare ogni pietra come una pianta, ogni pianta come un animale... ogni animale come un essere umano... e ogni essere umano come un angelo."


La comprensione è migliore della pratica meccanica.
Migliore della comprensione è la meditazione.
Ma meglio di tutto è lasciar andare l'ansia per il risultato,
perché a questo fa immediatamente seguito la pace
Bhagavad Gita 12:12


24. L’anima non può essere trafitta, non può essere bruciata, né bagnata, né disseccata. Essa è perenne, onnipresente, immobile e costante: è eternamente la stessa.


25. L’anima è immanifesta, inconcepibile e immutabile: conoscendo ciò non devi più affliggerti.
(dalla Bhagavad Gita)



Bhagavad Gita - Cap.14 v. 25.
"Uguale nell'onore e nel disonore; trattando allo stesso modo l'amico e il nemico; abbandonata ogni illusione di essere la persona che agisce - questi è colui che ha trasceso le tre qualità!" - Cap.18 v. 16. "Stando così le cose, l'uomo di mente perversa che a causa dell'intelletto non purificato considera se stesso come l'autore assoluto delle azioni, non vede (la Verità).

Bhagavad Gita - 17. "Chi è andato oltre l'ossessione dell'egoismo ed ha un'intelligenza non offuscata (dall'idea di bene è male), anche se uccide queste persone (pronte per la battaglia di Kurukshetra), non uccide; né rimane legato (dall'atto di uccidere).

Bhagavad Gita - 47. "È meglio adempiere il proprio dharma anche se senza merito (e in maniera imperfetta), che fare bene il dharma di un altro. Chi compie il dovere prescritto dalla propria natura innata non commette peccato.



La Creazione dev'essere vista come un palcoscenico cosmico, in cui Dio è regista e scenografo della commedia che viene rappresentata. È Lui ad assegnare tutti i ruoli agli attori che vi recitano. Tutte le creature del mondo sono manifestazioni del Divino. Il bene ed il male nel mondo sono espressioni della Coscienza Divina. L'uomo non deve farsi ingannare dalla varietà di queste espressioni. Dietro tutte le varie azioni degli attori, il Divino regista è al lavoro.
Il mondo intero è un teatro. Ogni individuo è un attore e Dio è il regista. Solo il regista può dirigere la recita e gli attori. Qualunque cosa venga fatta è solo una manifestazione del Divino. 
Sai Baba


"Ogni apparenza è illusoria ed il testimone di questo è il Sé. Ciò che è visto è falso poiché dovuto alla magia dell’occhio. Come ci si guarda allo specchio e si vedono due figure, il reale ed il suo riflesso, in realtà ve ne è una sola. L’osservatore esiste in quanto considerate gli oggetti percepiti come esistenti. L’ego e l’osservatore sono concetti. Se dici che questa città è Bombay essa apparirà come Bombay, ma se dite che è una distesa di terra, essa apparirà come terra. Se chiamate questa cosa “sedia” è una sedia, ma se dite che è legno, sarà legno. Se dite tutto è coscienza allora tutto è divino, ma se lo chiamate mondo diventerà mondo. Tutti gli oggetti dipendono dai concetti dell’osservatore mentre il Sé è al di là di qualunque concetto. Nessun concetto può descriverlo. Qualcuno nomina una donna “figlia”, un altro “madre” o “moglie”. In realtà è un’insieme di ossa, carne, sangue, ma ognuno di voi le dà una consistenza. Tutto dipende dal concetto che ne avete fatto. Quando il mondo esterno, tangibile, si rivela il prodotto di una percezione illusoria, l’ego scompare. Questa è la pratica da ricordare. Per l’essere realizzato tutto è il Sé: il cibo, la panca, la moglie, l’acqua, ecc. Vivete come volete, ma rinunciate interiormente. Quando affermate che il tale è morto significa che solo il nome è scomparso. Ciò che nasce deve morire: se vi togliete dalla mente di essere un “io” particolare, uscite dall’illusione. 
Chi afferma “io sono il Sé” è ancora nel falso. Infatti significa che egli si crede diverso dal Sé. Il vero criterio è quando il Sé non ha il senso di essere. Se voi dite “ho sperimentato” significa che l’ego è ancora presente. Come parlare del Sé? Non ha forma, è lo stato naturale che si mantiene al di là dei 4 corpi che sono: il corpo fisico, il sottile, il causale(ignoranza totale) il sopra-causale(la conoscenza “io-sono”). La Realtà è anteriore al Dio creatore o conoscenza, è il Parabrahman, che tutto trascende, immutabile ed inconoscibile, al di là del vuoto e dell’ignoranza. È il quarto stato o non-stato(turyatita).
Colui che trascende per sempre il mondo sta in pace con sé e con gli altri. Anche quando vi è un movimento nella coscienza egli ritorna nella coscienza corporea, pur sapendo che egli è il Sé e che tutto è il Sé, sempre ben ancorato in questa comprensione. La vera natura è al di là dell’alienazione e della liberazione, entrambe illusorie, ma se si resta a livello della coscienza corporea non vi è alcuna libertà possibile. “Sono libero per un momento e il momento dopo sono alienato”oppure “Quando sarò libero…”:ecco lo stato di chi non vive il Sé. Anche chi pretende di essere libero è immerso in un’illusione peggiore: è un coccodrillo! È ancora nella dualità della ricerca e s’infossa ancor più nell’oceano del mondo. Per il saggio l’idea d’essere libero o alienato è una barzelletta! Quando l’illusione svanisce e i nomi e le forme scompaiono, le parole tacciono.

Non vi è il mondo da una parte e il Sé dall’altra. L’illusione appare su e a partire dal Sé, ma non appena si avvicina al Sé scompare definitivamente. L’illusione appare sul Sé come un riflesso sullo specchio, ma non è in esso. Se disponete cento secchi pieni d’acqua sul terrazzo al sole vi saranno cento riflessi, ma significa forse che vi sono cento soli? Trascendendo tutti gli stati, i cinque elementi e la vacuità,(ancora concetti) sparisce anche l’ “io sono” e rimane la realtà senza alcun concetto, la nostra vera natura." 
Siddharameshwar Maharaj

"Alla fine tutti i concetti possono e devono essere visti come falsi, ma la difficoltà, e la cosa essenziale, è convincersi della falsità del concetto basilare, originario: l' "io sono".
Tutte le qualità che hai citato, e tutte le possibili qualità che riesci ad immaginare, sono nella coscienza, o conoscenza. Lo jnani è al di là di tutte le qualità e concetti (in coscienza universale)."
Nisargadatta Maharaj - L'esperienza del nulla

"...colui che conosce l’Essere è l’Eterno Assoluto”. “Qualunque sia lo sforzo che fai per acquisire dei beni materiali, già sai che essi sono destinati ad andarsene, così come i tuoi concetti e le tue identità. Lo scopo della vera spiritualità è di liberarti completamente dai concetti e dai condizionamenti”. “Ormai dovresti averne avuto abbastanza di essere la persona che credi di essere; ora senti il bisogno assillante di liberarti di questa inutile identificazione con un fascio di ricordi e abitudini." “Scoprite ciò che non siete. Corpo, sentimenti, pensieri, idee, idee, tempo, spazio, essere o non essere, questo o quello. Non siete niente di concreto o astratto che potete indicare." 
"In realtà non ci sono persone, ma fasci di memorie e abitudini...";
"Il Supremo è un unico blocco compatto di realtà";
"La condizione indisturbata dell'essere è la beatitudine. La condizione disturbata è ciò che appare come mondo. Nella non-dualità c'è la beatitudine; nella dualità, l'esperienza...";
"La realtà è oltre la descrizione. La conosci solo se sei essa";
"...Il mio silenzio canta, la mia pienezza è colma, non mi manca niente. Non puoi conoscere la mia terra finché non ci sei dentro". 
N. Maharaj

“Almeno due volte al giorno ognuno di noi ha una esperienza metafisica: al momento del risveglio e quando si assopisce. L’esperienza metafisica è il momento di comunione col tutto, quando l’individuo dimentica la propria biografia, le illusioni della storia, della propria stessa identità, della propria decadenza e partecipa del respiro universale”
Elémire Zolla

"L’ego è solo una descrizione. Nient’altro. Parole, solo parole. Non ha una realtà specifica, la cui quasi-realtà deriva dalla nostra insistenza a comportarci come se fosse tale.
Esistono una quantità enorme di azioni considerate impossibili in quanto non incluse nella descrizione. Il non-fare ci permette di scoprirle.Smettiamo di resistere al cambiamento
Dobbiamo cancellarci fino a diventare sconosciuti anche per noi stessi . E’ il campo delle libertà !
Non ricordiamo fatti, ma interpretazioni: ci raccontiamo la storia mitica che l’ego ha sviluppato per giustificare sé stesso, nel suo tentativo di sviluppare sostanza."
Don Juan Castaneda



"...è vero che la contropartita è meravigliosa, però saprebbe chiunque accettare l’annullamento della propria personalità?"
Gustavo Rol




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